Incontrare persone in viaggio è sempre interessante. Ho conosciuto Gabriele in un ostello a Lombok e, tra una chiacchiera e l’altra, mentre esploravamo l’isola, abbiamo scoperto di avere molto in comune. Originario della Sardegna ma cresciuto a Milano, Gabriele è in viaggio da un anno e mezzo insieme alla sua ragazza, collezionando esperienze che vanno ben oltre i soliti itinerari turistici. Ha esplorato gran parte del Sud-est asiatico, fatto volontariato in Thailandia e persino lavorato nel deserto australiano. Ora si prepara a partire per la Tasmania, sempre in cerca di nuove avventure che vadano oltre il semplice viaggio.
Mi ha raccontato com’è stato vivere tra culture e luoghi così diversi, cosa lo ha spinto a partire e quali sono i suoi progetti futuri. Una testimonianza autentica di chi ha fatto del viaggio la propria casa.
Non è raro sentire ragazzi, specialmente in Italia, lamentarsi di un malessere che nasce dalla sensazione di essere bloccati. Molti di noi si trovano in contesti che non ci soddisfano, come una routine che non lascia spazio per i sogni o la crescita. Gabriele, con la sua storia, dimostra che partire, staccarsi da quello che conosciamo, può essere la chiave per trovare non solo se stessi, ma anche una libertà che il resto del mondo non ci offre se restiamo fermi.
Ciao Gabriele, raccontaci un po’ di te: chi sei, da dove vieni e cosa ti ha portato a intraprendere questo viaggio di lunga durata?
Ciao! Sono un ragazzo di 24 anni, nato in Sardegna ma cresciuto in provincia di Milano. Ho deciso di viaggiare perché, nel mio piccolo paesino, mi sentivo soffocare. Tutti sembravano avere le idee chiare sul proprio futuro, mentre io non avevo nulla di definito. Mi ammazzava il pensiero di avere un contratto a tempo indeterminato per un lavoro che non mi soddisfacesse. Sentivo il bisogno di prendermi del tempo per capire se cambiare aria e allontanarmi fosse la scelta giusta per dare una svolta alla mia vita.
Com’è stata l’esperienza di esplorare il Sud-est asiatico? C’è stato un luogo o un momento particolare che ti ha lasciato un segno profondo?
È stata un’esperienza intensa, densa e, a tratti, pesante. Sono partito con Matilde, la mia ragazza, e, considerando che non avevamo mai convissuto, potete immaginare quanto sia stato impegnativo passare dal vedersi 3-4 giorni a settimana al vivere insieme 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Abbiamo pianificato il viaggio in base ai volontariati che riuscivamo a trovare in giro per l’Asia. Una delle esperienze più belle della mia vita è stata passare del tempo con i bambini di una scuola thailandese, insegnando loro le basi dell’inglese.
Quali sono le sfide e le particolarità del lavorare in un ambiente estremo come il deserto australiano? C’è qualcosa che ti ha sorpreso in particolare?
La sfida principale è stata imparare a sfruttare il tempo libero. Durante i sei mesi in cui ho lavorato in un campeggio isolato, ho capito che dovevo stancare il corpo per non lasciare alla mente l’energia necessaria per deprimersi. È stata un’esperienza psicologicamente dura, tanto che mi ha fatto perdere quella parte di me più emozionale, aperta ad amare ed essere amato, che avevo riscoperto con il viaggio. Mi sono chiuso a riccio, facendo male a me stesso e a chi mi stava intorno. Mi ha sorpreso vedere persone capaci di trascorrere tutta la loro vita in un posto simile. In compenso, il bel gruzzoletto che ci siamo portati a casa, stressandoci lavorativamente il minimo indispensabile, è stata una nota positiva. Tuttavia, è un’esperienza che non credo rifarei.
Com’è stato affrontare un viaggio così lungo e intenso insieme alla tua ragazza? Quali sono stati i lati positivi e le sfide di viaggiare in coppia per così tanto tempo?
Come dicevo, non avevamo mai convissuto, quindi il primo mese è stato un periodo di adattamento. La sfida più grande è stata imparare a scendere a compromessi e accettare difetti e abitudini che non conoscevamo. Una volta superata questa fase, abbiamo iniziato a godere appieno del nostro viaggio. Era il primo, e anche il più lungo, per entrambi. Questo ci ha portato a sviluppare uno stile di viaggio simile: molto nomade, selvaggio e ovviamente low budget.
Un viaggio così lungo porta inevitabilmente a un’evoluzione personale. In che modo ti senti cambiato rispetto a quando sei partito?
Viaggiando, ho aperto per la prima volta le mie emozioni al mondo. In Italia ero sempre stato molto chiuso, convinto di stare bene così. Ma affrontando le sfide e scoprendo le meraviglie che il mondo offre, ho imparato a ricevere e dare amore. Ora riesco a parlare con chiunque, su qualunque argomento, senza pregiudizi.
Hai avuto momenti difficili o di dubbio lungo il percorso? Cosa ti ha aiutato a superarli?
Dopo il terzo mese, avevamo quasi perso la voglia di continuare. Era tutto diventato monotono: templi, cascate, trekking. Ogni giorno sembrava uguale all’altro. Non ne potevamo più di vedere templi su templi, e anche adesso, a distanza di un anno, va bene così! Per fortuna, l’ultimo mese lo abbiamo trascorso in Vietnam, dove è scattata di nuovo la scintilla. Il Vietnam è il paese che metto al primo posto nella mia classifica del Sud-est asiatico.
Com’è stata l’esperienza di volontariato in Thailandia? Ci sono stati momenti o incontri che ti hanno segnato particolarmente?
È stata l’esperienza più bella di tutto il viaggio. Abbiamo trascorso due settimane in una scuola thailandese, insegnando inglese ai bambini. Vivevamo in un monolocale all’interno del complesso scolastico. Una maestra, che ci aveva reclutati tramite Workaway, ci portava spesso fuori a cena o in gita nei giorni liberi. Una volta ci hanno anche invitato all’inaugurazione della casa di alcuni amici, dove abbiamo mangiato tantissimo, come a un pranzo di matrimonio! Ci siamo affezionati molto sia ai bambini che agli insegnanti.
Infine, cosa vorresti dire a chi sogna di intraprendere un’esperienza simile alla tua ma ha ancora qualche timore o incertezza?
Ragazzi, partite! Non ve ne pentirete. Se nessuno vuole venire con voi, andate da soli: durante il viaggio troverete sicuramente ottimi compagni. Il viaggio è una delle scelte più belle che abbia mai fatto, forse la più bella. Vi arricchirà e non avrete nulla da perdere. E soprattutto, cercate di aprirvi il più possibile: parlate con le persone, immergetevi in altre culture, provate esperienze che mai avreste immaginato, solo per il gusto di fare qualcosa di nuovo.
Dopo un lungo percorso interiore ho capito che la vita “tradizionale” non faceva più per me e ho deciso che avrei smesso di timbrare un cartellino. Adesso sono un SEO e copywriter che viaggia per il mondo e racconta ciò che vede.
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